‘El Topo’: Oltre il Western, nel Labirinto Visionario di Jodorowsky

Nel panorama cinematografico del XX secolo, poche opere si sono spinte tanto in là nel mescolare simbolismo profondo, narrazione allegorica e una rappresentazione visiva cruda come “El Topo”, il visionario western di Alejandro Jodorowsky. Questo film, che ha dato origine al genere dei “Midnight Movies”, rimane un’esperienza cinematografica senza pari, che continua a confondere, provocare e affascinare gli spettatori anche più di cinquant’anni dopo la sua prima uscita.

Dal momento in cui la pellicola si dipana sulla figura di El Topo a cavallo nel deserto, accanto a suo figlio nudo, ci si rende subito conto che non si sta guardando un western tradizionale. L’intero film è infarcito di immagini simboliche, molte delle quali affondano le loro radici nelle tradizioni religiose e filosofiche, dalla cristianità al buddismo. Ciascuno dei quattro maestri che El Topo affronta rappresenta non solo un ostacolo fisico, ma anche una sfida spirituale, un enigma che va oltre la pura e semplice sconfitta in duello.

Ma è nell’estetica del film che Jodorowsky spicca veramente. “El Topo” non si tira indietro nella sua crudezza. Scene di violenza grafica, di sfruttamento e sofferenza, sono spesso presentate in modo tanto teatrale quanto reale. Queste sequenze, pur disturbanti, non sono mai gratuite: rappresentano la brutalità della condizione umana, il percorso di dolore e redenzione attraverso cui l’uomo deve passare per trovare una vera illuminazione.

E poi c’è la questione del genere. Sebbene “El Topo” possa essere classificato come un western, Jodorowsky smonta e riassembla il genere in modi che sarebbero impensabili per un regista tradizionale. Qui, le pistole e i cappelli da cowboy convivono con monaci buddisti e massicci riferimenti al Tarot. La frontiera non è solo un luogo fisico, ma un paesaggio interiore da esplorare.

In “El Topo”, Jodorowsky si lancia in un viaggio attraverso le tenebre dell’anima, esplorando temi universali di amore, tradimento, rinascita e redenzione. Non è un film per tutti: la sua stranezza e le sue provocazioni possono alienare alcuni, ma per chi è disposto a immergersi in questo mondo, “El Topo” offre una ricompensa inestimabile.

È un testamento al talento di Jodorowsky che, nonostante le sue eccentricità e il suo approccio non convenzionale alla narrazione, “El Topo” sia diventato un cult. Si tratta di un film che sfida le convenzioni e invita alla riflessione, un’opera che, nella sua assurdità e bellezza, cattura un aspetto essenziale dell’esperienza umana.

Il film “El Topo” di Alejandro Jodorowsky, pur essendo considerato un capolavoro del cinema sperimentale, non è esente da controversie. Una delle critiche più aspre rivolte al regista riguarda la scelta di far recitare suo figlio, Brontis Jodorowsky, all’età di 7 anni, completamente nudo nelle prime scene del film. In un’epoca in cui l’uso e la rappresentazione di minori nel cinema erano meno regolamentati di oggi, questa scelta ha sollevato non poche sopracciglia e ha suscitato dibattiti sull’etica e la moralità di tale decisione.

D’altro canto, Jodorowsky ha sempre sostenuto che la nudità di suo figlio nel film aveva una forte carica simbolica. Non si trattava di una mera provocazione o di uno stratagemma per generare scandalo, ma di una decisione artistica e concettuale mirata.

Nel contesto del film, la nudità rappresenta l’innocenza, la purezza e la vulnerabilità dell’essere umano. Il personaggio del figlio di El Topo è privo di artifici, non ancora corrotto dal mondo esterno. La sua nudità contrasta fortemente con l’ambiente arido e violento del deserto, simbolo di un mondo crudele e ostile. Questo contrasto amplifica la sensazione di pericolo e di precarietà che permea tutto il film, e allo stesso tempo sottolinea l’innocenza perduta e la necessità di protezione.

Jodorowsky, nel suo viaggio attraverso l’immaginario del deserto, presenta una comunità di individui emarginati a causa delle loro deformità o disabilità. Questa scelta non è casuale: essi rappresentano la fragilità e la vulnerabilità della condizione umana, ma al contempo sono anche l’emblema della diversità e dell’esclusione sociale.

In un mondo spesso guidato dall’estetica e dalla conformità, questi personaggi incarnano l’alterità, la differenza, il rifiuto delle norme sociali. In “El Topo”, la loro presenza non è solo un richiamo visivo; rappresentano un importante commento sulla natura della società, sull’accettazione e sulla marginalizzazione. La loro inclusione nel film non è solo una mera provocazione, ma serve a sfidare lo spettatore, costringendolo a confrontarsi con le proprie paure, pregiudizi e incomprensioni.

Tuttavia, questa scelta ha sollevato anche questioni etiche. Molti hanno sostenuto che Jodorowsky ha sfruttato queste persone per il loro aspetto “diverso”, utilizzandole come mere attrazioni visive per aumentare l’effetto shock del film. Si potrebbe argomentare che, anche se l’intento era artistico e simbolico, l’uso di attori con deformità o disabilità in un contesto così carico potrebbe contribuire a perpetuare stereotipi e pregiudizi.

D’altra parte, ci sono coloro che sostengono che Jodorowsky, includendo questi attori nel suo film, abbia dato loro una piattaforma e una voce, portando alla luce le difficoltà e le sfide che affrontano nella vita reale. In questo senso, “El Topo” può essere visto come un film che celebra la diversità e la resistenza umana, piuttosto che sfruttarla.

Pertanto, l’uso di attori con deformità o disabilità in “El Topo” è una scelta audace e provocatoria, che continua a generare dibattito. Come molte delle decisioni di Jodorowsky, la sua interpretazione dipende in gran parte dalla prospettiva dello spettatore. Tuttavia, ciò che è indiscutibile è l’impatto duraturo e la risonanza del film nel panorama cinematografico mondiale.

Jodorowsky, con il suo approccio unico alla cinematografia, ha cercato di rompere i tabù e di sfidare le convenzioni. Tuttavia, la decisione di includere la nudità di suo figlio nel film rimane una delle sue scelte più discusse e controversie. Mentre alcuni vedono in essa un atto di coraggio artistico e una rappresentazione profondamente simbolica, altri la considerano un passo troppo audace, se non addirittura inappropriato.

In definitiva, “El Topo” è un film che sfida le aspettative e invita alla riflessione su molteplici livelli. La nudità del giovane Brontis Jodorowsky è solo uno dei tanti elementi provocatori e simbolici presenti nel film, e la sua interpretazione varia a seconda delle sensibilità individuali dello spettatore.

Marco Mattiuzzi

By Marco Mattiuzzi

Artista poliedrico, ex docente e divulgatore, ha dedicato anni all'arte e alla comunicazione. Ha insegnato chitarra classica, esposto foto e scritto su riviste. Nel settore librario, ha promosso fotografia e arte tramite la HF Distribuzione, azienda specializzata nella vendita per corrispondenza. Attualmente è titolare della CYBERSPAZIO WEB & STREAMING HOSTING. Nel 2018 ha creato il gruppo Facebook "Pillole d'Arte" con oltre 65.000 iscritti e gestisce CYBERSPAZIO WEB RADIO dedicata alla musica classica. Collabora con diverse organizzazioni culturali a Vercelli, tra cui Amici dei Musei e Artes Liberales.
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