Felice Carena in Mostra alle Gallerie d’Italia di Milano: Un Viaggio nell’Arte Italiana

Nelle eleganti sale delle Gallerie d'Italia, una retrospettiva imperdibile tra realismo e simbolismo.

Recentemente ho avuto il piacere di immergermi nella mostra dedicata a Felice Carena, ospitata nelle eleganti sale delle Gallerie d’Italia a Milano, parte del gruppo Intesa Sanpaolo. Questa sede espositiva è rinomata per la qualità impeccabile delle sue mostre, che combinano un elevato interesse artistico e storico con un allestimento meticoloso e raffinato.

Felice Carena, nato nel 1879 a Torino, ha iniziato la sua formazione artistica presso l’Accademia Albertina, dove ha studiato figura disegnata con Giacomo Grosso e pittura con Lorenzo Delleani. I primi lavori di Carena riflettono l’influenza del realismo di Grosso, con un’attenzione meticolosa ai dettagli e una rappresentazione vivida della realtà. Tuttavia, è intorno al 1902 che Carena inizia a esplorare il preraffaellismo e il simbolismo, dialogando con grandi artisti internazionali come James Abbott McNeill Whistler e Giovanni Segantini. Un punto saliente della mostra è la sezione dedicata alle opere realizzate durante il periodo torinese, come “Signorina” (1901) e “Ritratto” (1904), dove Carena utilizza elementi simbolici per esplorare temi profondi come la brevità della vita. La candela consumata e la sveglia presenti nei suoi quadri sono metafore della fugacità dell’esistenza, un tema che Carena ha esplorato con una sensibilità unica.

Felice Carena alle Gallerie d'Italia di Milano

Nel 1906, Carena si trasferisce a Roma dopo aver vinto il concorso per il Pensionato Artistico Nazionale. Questo trasferimento segna l’inizio di un nuovo capitolo nella sua carriera. Durante il periodo romano, Carena continua a sviluppare la sua arte, dipingendo opere come “I viandanti” (1908-1909) e “Ritratto della baronessa Ferrero” (1910). La sua amicizia con Giovanni Cena e l’influenza di artisti come Eugène Carrière arricchiscono il suo linguaggio pittorico, spingendolo verso una maggiore intensità emotiva e spirituale.

La mostra culmina con una sezione dedicata alle opere della maturità, che evidenziano il passaggio di Carena dal simbolismo a uno stile più realistico e volumetrico. L’analisi critica dei suoi lavori rivela una ricerca di luce interna agli oggetti, una luce che diventa essa stessa “forma” e che conferisce ai suoi dipinti una profondità filosofica. Come osservato nei testi critici, Carena riesce a trasformare la pittura in un mezzo autonomo, capace di esprimere la realtà fenomenica con un’intensità quasi scultorea.

Le didascalie della mostra descrivono come la guerra e le vicende personali di Carena abbiano acuito la sua sensibilità, accelerando un processo di disfacimento della forma già avviato nella seconda metà degli anni Trenta. In questi anni, Carena dipinge direttamente col colore, modellando le figure con contorni spessi e forti contrasti di luce. Il pathos espressivo delle sue opere oscilla tra tumulto e immota desolazione, riflettendo un bisogno di autenticità e compassione per la condizione umana.

Un altro tema affascinante che emerge nella mostra è l’interesse di Carena per il teatro popolare. Nei dipinti che trattano questo tema, si compie un ribaltamento tra la scena teatrale e gli spettatori, popolani attratti da una messa in scena esclusa dal taglio del dipinto. Opere come la versione del 1933 partecipano con mimica e gestualità, mentre la versione del 1954 è del tutto assente l’animazione, riflettendo il disastro della guerra.

Negli anni Dieci del secolo scorso, Carena evita le correnti avanguardistiche emergenti come il cubismo e il futurismo, mantenendo una linea espressiva che cerca di dare continuità d’immagine alla natura. Dipinge cose comuni, come ritratti e nature morte, ma riesce a trasformarle in qualcosa di eccezionale attraverso una forte emozione cromatica e una ricerca della luce plastica.

La mostra su Felice Carena è un viaggio emozionante attraverso le trasformazioni di un artista che ha saputo reinventarsi continuamente, dialogando con le correnti artistiche del suo tempo e lasciando un’impronta indelebile nella storia dell’arte italiana. Un’esperienza imperdibile per chi desidera comprendere la profondità e la bellezza del percorso artistico di Carena. Dopo che le bombe distrussero la sua casa fiorentina, Carena si trasferisce a Venezia. In questa città, profondamente influenzata dai grandi maestri come Tiziano e Tiepolo, stringe legami con artisti come Gilberto Evra, Vittorio Cini, Diego Valeri e Ugo Fasolo. Qui, la sua arte si arricchisce ulteriormente, partecipando a numerose commissioni di arte sacra e vincendo premi prestigiosi, tra cui la Medaglia d’Oro ai meriti culturali nel 1954. Le difficoltà di salute, tuttavia, lo accompagnarono fino alla sua morte nel 1966.

Le Gallerie d’Italia, gestite dal gruppo Intesa Sanpaolo, sono una cornice perfetta per questa retrospettiva. Le sale, ampie e luminose, permettono di ammirare le opere di Carena in un contesto che esalta la loro bellezza e complessità. Ogni dettaglio dell’allestimento è curato con estrema attenzione, riflettendo la tradizione delle Gallerie d’Italia di presentare mostre di altissimo livello, capaci di offrire non solo una visione artistica, ma anche una profonda esperienza storica e culturale.

Marco Mattiuzzi

By Marco Mattiuzzi

Artista poliedrico, ex docente e divulgatore, ha dedicato anni all'arte e alla comunicazione. Ha insegnato chitarra classica, esposto foto e scritto su riviste. Nel settore librario, ha promosso fotografia e arte tramite la HF Distribuzione, azienda specializzata nella vendita per corrispondenza. Attualmente è titolare della CYBERSPAZIO WEB & STREAMING HOSTING. Nel 2018 ha creato il gruppo Facebook "Pillole d'Arte" con oltre 65.000 iscritti e gestisce CYBERSPAZIO WEB RADIO dedicata alla musica classica. Collabora con diverse organizzazioni culturali a Vercelli, tra cui Amici dei Musei e Artes Liberales.
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